CSA Officina Rebelde

Via Coppola 6, 95131, Catania

12-09-2020

NO al taglio del parlamento

Come già reso noto tramite i nostri canali social, come gruppo politico e spazio sociale abbiamo deciso di sostenere la campagna per il NO al referendum che si terrà il 20 ed 21 Settembre.

La nostra discussione interna ha affrontato molti dubbi e perplessità, in merito a questa scadenza, perché se è vero che come gruppo abbiamo spesso sostenuto le campagne referendarie di questi anni, passando soprattutto per i quattro si del 2011 ed il no del 2016, ci rendiamo conto del fatto che la difesa della Carta Costituzionale rischia, ora più che mai, di sembrare di retroguardia. Di non trovare ascolto, o addirittura di suscitare ostilità in quei quartieri popolari nei quali ci muoviamo e lottiamo quotidianamente da, oramai, anni. Abbiamo appena cominciato ad esplorare la profondità della crisi che il lockdown ha rovesciato addosso ai subalterni dell'occidente capitalista ed ultra-liberista ed il suono che ci viene rimandato dal nostro interrogarci è cupissimo, alle nostre orecchie. La crisi che sta montando mette in discussione tutto, non solo i valori della Carta Costituzionale. Nei nostri quartieri manca l'acqua, manca il cibo, manca l'elettricità, mancano le medicine e la casa, la droga si fa largo devastando le comunità, la polizia è impegnata in una quotidiana caccia al nero. Sarà davvero difficile andare a spiegare che siamo contro il taglio di una rappresentanza avvertita, ora più che mai, come lontanissima ed aliena.

Ma, nel prendere la decisione, abbiamo fatto un grande sforzo di contestualizzazione ed abbiamo voluto considerare come il disegno di tagliare la rappresentanza parlamentare si iscriva in un quadro complessivo di eversione istituzionale. La quarta repubblica si avvia, ogni giorno di più, a diventare non solo e non tanto basata su un sistema elettorale maggioritario ma, piuttosto, a minimizzare il ruolo del parlamento nelle scelte cruciali per enfatizzare il ruolo del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, come ha dimostrato Conte con i suoi Dpcm totalmente incostituzionali. Questo meccanismo viene messo in moto, sistematicamente, per appoggiare le politiche e le scelte dell'Unione Europea e per risolvere le crisi politiche interne al nostro ceto politico. I governi, che siano di centro destra e di centro sinistra, portano lucidamente avanti il piano di Licio Gelli e della P2, di esautorare il parlamento per diminuire la conflittualità interna alle stesse classi dominanti (i proletari ed i subalterni in esso non sono rappresentati da molto tempo) ed accellerare la “modernizzazione del paese”, che vuol dire il tasso di profitto dei capitali investiti (in tal senso, per molti gruppi proprietari, il Covid19 è stato l'occasione di accumulare ingenti profitti, grazia alle regalìe indiscriminate del Governo e dell'Unione). Di questo processo, la riduzione del numero dei parlamentari è un passaggio necessario. Di fatti, è chiaro che ridurre il numero dei parlamentari AUMENTA i privilegi ed il potere del quale godrà chi accede alla carica e contemporaneamente DIMINUIRA’ la potenza complessiva dell’organo.

Noi voteremo No non perché crediamo che la Carta Costituzionale in quanto tale e nelle proprie potenziali attuazioni rappresenti un miracoloso viatico per capovolgere le sorti del conflitto di classe in Italia (sono anni che amplie aree di sinistra diffusa recitano questa stanca formula come un mantra), ma perché sappiamo chei progetti dei nostri avversari politici e delle classi dominanti possono essere sabotati e ritardati tramite lo strumento del Referendum. Magari, chissà, scompigliando la maggioranza di Governo (ricordiamoci del 2016, dove l’esito della consultazione significò la fine di Renzi) ed aprendo spazi di opportunità per i movimenti sociali.

Partendo da queste considerazioni, che attengono concretamente agli scenari delle lotte di classe in Italia, vogliamo caratterizzare la nostra campagna per il No senza scadere in nessuna difesa della pretesa sacralità delle istituzioni. Perché, dobbiamo dircelo, in un paese nel quale si muore letteralmente di fame, di malasanità, si viene sfrattati e si resta per la strada, i migranti sono vittime di vere e proprie leggi razziali, chi lavora spesso lavora in nero o è precario QUALSIASI stipendio superiore al salario medio di un operaio è effettivamente privilegio. Rappresenta con il censo la subordinazione della classe lavoratrice al ceto politico, che ha l’onere di costituire la colorata e chiassosa corte dello spettacolo del potere, di mettere in scena una rappresentazione farsesca e simbolica della democrazia atta a evitare l’instaurazione di una democrazia reale ed effettiva. Noi, lo diciamo chiaramente, siamo a favore di un sostanzioso taglio degli stipendi dei parlamentari e dei consiglieri regionali, come di altre cariche pubbliche, che se esistesse un minimo di dignità andrebbero rapportati a quello dei lavoratori e delle lavoratrici, non perché rappresenterebbe un guadagno sostanziale per lo stato ma perché sarebbe simbolicamente importante nel ricordare a chi viene eletto che egli è legato alle sorti di una collettività e non ne è al di sopra. La proposta di ridurre i parlamentari, semplicemente, non serve a questo.

Speriamo che il 20 ed il 21 settembre le urne diano a questo paese il messaggio di cui ha bisogno: dobbiamo ridurre i privilegi ed il potere delle classi dominanti. Che siano rappresentate in Parlamento o che spandano il loro veleno dalle sedi di Confindustria. Ce lo chiede l’umanità dolente ed in lotta alla quale siamo accanto e che vorremmo rappresentare.